Santa Famiglia e Maria SS. Madre di Dio



1 gennaio 2019 - Como Cattedrale

Maria SS. Madre di Dio

Incominciamo un nuovo anno affidandoci fin da subito alla protezione della Madre di Dio, venerata con questo titolo dai cristiani di Oriente e di Occidente, ossia nel tempo  della Chiesa indivisa, fin dal 451, quando il concilio di Efeso, nella comune esultanza del popolo cristiano, ivi presente, la acclamò  Madre di Cristo, vero  Dio e vero uomo.
Non sappiamo cosa ci riservi il Signore nel corso del nuovo anno, quali circostanze, liete o impegnative, dovremo affrontare, tuttavia ci poniamo fiduciosi sotto il manto materno di Maria. Da buona madre, Ella  avverte immediatamente ciò di cui i suoi figli abbisognano per poter seguire ogni giorno Gesù  con la coerenza del discepolo, consapevoli che seguire Gesù comporta sempre portare la croce con lui.
Maria, a sua volta, ci invita a volgere lo sguardo verso suo figlio Gesù, venuto tra noi, nella pienezza del tempo, perché ricevessimo l’adozione a figli di Dio.
In Cristo, infatti, figlio primogenito del Padre, diveniamo anche noi figli di Dio, così da poter stabilire con lui una vera relazione filiale, che si manifesta attraverso la fiducia, la confidenza e l’amore, frutto della presenza in noi dello Spirito Santo, che ci permette di osare, chiamando Dio col dolce titolo confidenziale di abba’ -padre.
Potersi rapportare con Dio come figli amati cambia immediatamente il nostro orizzonte. Non è più il Dio lontano, astratto, come quello dei filosofi. Il nostro è il Dio dell’amore trinitario, il Dio con noi, visto che, dopo aver parlato molte volte e in diversi modi nei tempi antichi ai padri, per mezzo dei profeti, si è rivelato, parlandoci per mezzo del Figlio, vera immagine del Padre.
[Cristo Gesù, ci ha narrato Dio Padre attraverso le sue parabole; ce lo ha descritto attraverso le modalità concrete mediante cui ha avvicinato i poveri, ha guarito gli ammalati, ha accolto e perdonato i peccatori, ha cercato gli esclusi, ha liberato gli ossessi dalla schiavitù del maligno.
Gesù ha reso visibile il volto di Dio anche mediante lo stesso sguardo con cui Egli si è rapportato con le diverse persone, manifestando così le viscere di compassione e di misericordia del Padre. Egli ha manifestato il suo amore infinito per noi, suoi figli, soprattutto attraverso il dono della Croce del Figlio, convincendoci che amare esige necessariamente e sempre il dono di sé, fino alla fine.]
Oggi, come dono del Padre, Cristo, il principe della pace, invoca su di noi la sua pace, a cui noi tanto aspiriamo, pace che è pienezza di tutti i beni.
La pace è sì un dono di Dio, annunciata dagli angeli a Betlemme, ma è anche un impegno che ogni persona è chiamata a costruire pazientemente, giorno dopo giorno.
Quest’ anno sia un tempo in cui ci impegniamo a diventare pazienti artigiani di pace, ossia laboriosi costruttori, a cui è affidata la responsabilità di un dono fragile, che va crescendo nella misura della nostra dedizione.
Ci ricorda il Papa, nel suo messaggio, che la pace si costruisce innanzitutto a partire da noi stessi.
Se non siamo in pace con noi stessi, se non sappiamo accettarci nella nostra singolarità, consapevoli dei doni di Dio, sarà difficile esserlo con gli altri.
È la pace di chi si sente abitato dalla presenza del Signore, che pur non togliendoci dalle difficoltà, ci dona la gioia e la consolazione di sentirlo con noi sempre e la forza della sua grazia per affrontarle.
La pace, poi, va costruita artigianalmente con gli altri, non solo con chi amiamo, ma con quanti facciamo fatica ad amare, ci infastidiscono, ci turbano, ci irritano, o si approfittano di noi, del nostro tempo e delle nostre risorse. Ci occorre un supplemento di forza, che il Signore non mancherà di concederci, se avremo l’umiltà di domandarglielo nella preghiera quotidiana.
La pace, in terzo luogo, va costruita attorno a noi, difendendo l’opera della creazione. Essa è affidata alle nostre cure e noi ne siamo responsabili e custodi.
Concludo con una citazione del Vangelo di oggi. “Maria, da parte sua custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore” . Con lo sguardo contemplativo, Maria, raccolta in un religioso ascolto, cercava di comprendere a poco a poco il significato degli avvenimenti che si succedevano attorno a lei. Non aveva nemmeno lei ricette prefabbricate. Il Bambino che giaceva nella mangiatoia era apparentemente simile a tutti i bambini del mondo, ma al tempo stesso era differente: Figlio di Dio, vero Dio e vero uomo. Solo la fede le dava occhi interiori per vedere l’invisibile, il mistero grande e certamente non facile da comprendere. Nel suo cuore Maria continuò a conservare tutti gli eventi successivi, di cui sarà testimone e protagonista.
Sia anche in noi lo sguardo contemplativo di Maria, che riconosce nella risposta che daremo agli avvenimenti che si succederanno, la nostra fedeltà al piano di Dio che opera sempre per il nostro bene e per quello di tutti.

+ Vescovo Oscar 

01 Gennaio 2019 - Como Cattedrale



31 Dicembre 2018 - Como Cattedrale

Te Deum di ringraziamento

Questa celebrazione fa da ponte fra la conclusione dell’ anno e l’apertura di quello che è ormai alle porte. Entrambi sono una ulteriore opportunità  che, da una parte,  Dio ci ha  già offerto, e che  dall’altra, mette di nuovo  a nostra disposizione, doni di cui occorre essere consapevoli e grati, dal momento che niente è sottratto alla nostra libera iniziativa, essendo noi responsabili dei nostri destini personali e comunitari.
Dio non può volere che il bene dei suoi figli, anche se spesso noi non sappiamo più distinguere ciò che è bene da ciò che è male, ciò che giova da ciò che ci danneggia, perché ci rende meno umani, ciò che è opportuno scegliere per il bene nostro e quello comune, da ciò che invece occorre rifiutare.
Due logiche sono presenti nella storia, radicalmente contrapposte.
La logica divina, che vuole ostinatamente il nostro bene e ci invita a perseguirlo, anche a costo di fatiche. Lo stile di Dio non indietreggia di fronte al male, ma lo trasforma radicalmente e progressivamente in bene.
Al contrario, la logica del maligno, che si camuffa in proposte buone, ma che poi si dimostrano fallaci e illusorie. Una logica che seduce perché si presenta come bene apparente, per poi rivelarsi quale inganno, male che conduce   alla sconfitta dell’umanità, che cade nella disperazione e nella solitudine.
A noi la tremenda responsabilità di scegliere la logica più vantaggiosa.
A tutti rivolgo il mio accorato appello, che è anche un cordiale invito: è ora di tornare a Dio!
Questo è il centro del messaggio, il cuore del nostro discorso, la risoluzione vera per una ripresa positiva del nostro vivere insieme, mediante una presenza corresponsabile, tesa a costruire una nuova civiltà, quella dell’amore come amava definirla s.Paolo VI.
Se ci si distacca dalla luce (e DIO è luce incomparabile) rimaniamo nelle tenebre, viviamo al gelo, sperimentiamo una desertificazione spirituale, di cui quella ambientale non è che una pallida immagine,  e l’umanità decade,  non perché Dio si sia allontanato dalla storia degli uomini, ma perché essi sono del tutto indifferenti a Lui, alla sua Parola di salvezza, al suo figlio Gesù, rivelatore del volto del Padre, all’azione creatrice dello Spirito, che fa nuove tutte le cose.
Il mondo oggi vive in una specie di deserto morale, che si traduce in relazioni interpersonali conflittuali e aride, in un clima di individualismo esasperato, che con la pretesa di difendersi dagli altri, coltivando esclusivamente i propri interessi, non produce che solitudine e vuoto.
Non così Dio ha pensato l’uomo. Gli ha donato il mondo perché lo custodisse e lo coltivasse come un giardino, soprattutto gli ha messo accanto tanti fratelli e sorelle per  promuovere e coltivare la fraternità, unica sorgente della gioia e della pace.
La fraternità si fonda sulla responsabilità reciproca e sulla interdipendenza degli esseri umani, il contrario quindi di ogni chiusura e di scelte privatistiche.
A noi il compito di promuovere una fraternità che si sforza di ascoltare  tutti, senza prevenzioni, curando il virus dell’autosufficienza.
A noi la responsabilità di concepire una fraternità che sa accettare  anche la differenza, non certo come occasione di discordia, ma di arricchimento reciproco e di cooperazione.
A noi la sfida di sviluppare una fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno, che si manifesta nel prendersi cura dei poveri, dei più vulnerabili, degli scarti della società, al di là della paura dell’altro o dell’estraneo, dell’ ansia di perdere i propri vantaggi, attraverso atteggiamenti di chiusura e di disprezzo di coloro che sono stati costretti all’esilio.
È’ ora di tornare a Dio. Senza di lui si acuisce sempre di più quel clima di rancore e di scontro che attualmente si registra nella nostra società, come viene segnalata anche dalle recenti indagini sociologiche.
Senza il ritorno a Dio continuerà a svilupparsi  quel sentimento di diffidenza reciproca, che sfocia nella ricerca esasperata di un capro espiatorio;
senza il ritorno a Dio si manterrà quel senso di indifferenza che smorza ogni tentativo di rinascita, di ripresa,  di assunzione di responsabilità mediante una partecipazione alla vita civile, in un sano realismo, senza la pretesa di soluzioni magiche e immediate a problemi complessi.
Senza un clima di fiducia e di cooperazione reciproca sarà difficile che le nuove generazioni si sentano attratte alla passione per il bene comune e concepiscano l’impegno politico come una forma alta ed esigente di carità.
La mancanza di lavoro recide nei giovani la capacità di sognare e di sperare e li priva della possibilità di dare un contributo allo sviluppo della società e di un loro ruolo specifico nella costruzione del bene comune.
Proprio per favorire il ritorno a Dio stiamo costruendo insieme, in questi mesi, il Sinodo diocesano, una strada comune che ci permetterà di trovare le vie più indicate, i linguaggi più opportuni, gli strumenti operativi più adatti perché nella storia di oggi gli uomini e donne possano sperimentare la misericordia di Dio e le trasformazioni che da esse discendono a servizio della comunità ecclesiale e civile.
Abbiamo bisogno di luoghi comuni, tra i quali quelli messi a disposizione dalla comunità cristiana,  per un confronto sereno, leale e rispettoso delle diversità di ciascuno, per condividere le scelte prioritarie in vista del bene di tutti.
Se sapremo accoglierci come fratelli saremo in grado di dare e di ricevere contemporaneamente, nella certezza che in tutti c’è una volontà di bene, una ricchezza  e una fecondità tale da rendere il nostro vivere la città come luogo veramente abitabile.
Domani si celebra in tutto il mondo la giornata della Pace. Vorrei ricordarvi un passaggio del discorso del Papa proprio per l’evento di quest’anno, là dove egli sottolinea che la pace si manifesta attraverso tre dimensioni indissociabili:
  • La pace con se stessi, rifiutando l’intransigenza, la collera e l’impazienza e, come consigliava s. Francesco di Sales, esercitando un po’ di dolcezza verso se stessi, per offrire un po’ di dolcezza agli altri.
  • La pace con l’altro, il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente, osando l’incontro e ascoltando il messaggio che porta con sé.
  • La pace con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la parte di responsabilità che spetta a ciascuno di noi, come abitante del mondo, cittadino e attore dell’avvenire.
Il Bambino, nato a Betlemme, il principe della pace, ci renda partecipe dei doni che Egli porta con sé e li offre a ogni uomo e donna di buona volontà.

+ Vescovo Oscar 

31 dicembre 2018 - Como Cattedrale


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