Sulla soglia di un nuovo Anno Pastorale
Lettera di Mons. Vescovo al popolo di Dio nella santa
Chiesa che è in Como e ai suoi pastori
Sulla soglia di un nuovo anno
pastorale: linee comuni per un cammino secondo lo Spirito
Al popolo di Dio nella Santa Chiesa che è in Como e ai suoi pastori
“La gloria di Dio risplende nei suoi Santi”. Con
questa acclamazione, lodiamo e benediciamo il Signore che ci ha donato come
padre e pastore, come maestro e intercessore, la nobile figura di
sant’Abbondio, di cui oggi celebriamo la festa. Con san Felice, primo vescovo
di Como, Sant’Abbondio continua a illuminare e a proteggere il cammino della
nostra Chiesa, nella quale il Signore non ha mancato di confermare lungo i
secoli la sua presenza attiva attraverso il dono di innumerevoli altri santi e
beati, perché essa possa svolgere adeguatamente la sua missione.
“La gloria
di Dio risplende nei suoi Santi”.
Anche oggi, infatti, la nostra Chiesa, guidata
dallo Spirito, rende gloria a Dio prendendosi cura dei suoi figli,
coinvolgendosi con i drammi della umanità sofferente e collaborando nella
società mediante un servizio umile, ma qualificato, rispettoso, anche critico.
La testimonianza operosa di tanti uomini e donne della nostra Chiesa ci
permette di rivelare la bellezza e la gioia del Vangelo, di annunciare al mondo
il vero volto di Dio che è misericordia. Con questo intento missionario,
vogliamo continuare ad essere presenti sul territorio, in aiuto ai tanti
poveri, nostri fratelli ed amici, che hanno bisogno non solo di cure e di aiuto
materiale, ma anche di una vicinanza amica, di un sostegno spirituale che li
aiuti a dare un senso compiuto alla loro fragile esistenza. In vista di un
nuovo anno pastorale, prima ancora di presentare alcune linee comuni, senza la
pretesa di essere esaustive, o di limitare la creatività delle singole
comunità, vorrei richiamare innanzitutto ciò che san Giovanni Paolo II ha
definito “la misura alta della vita cristiana ordinaria”. Tutta la vita della
comunità ecclesiale deve portare in questa direzione. È una verità elementare,
ma non banale, da mettere ovunque a fondamento di ogni programmazione
pastorale, sia parrocchiale che vicariale o diocesana, essendo “tutti i fedeli,
di qualsiasi stato e grado, chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla
perfezione della carità” (Lumen gentium
40). Sarebbe davvero un controsenso e del tutto vano, pensare a un nuovo
anno pastorale (un anno veramente importante quello che inauguriamo!) e dare
per scontata questa verità, scoprendosi privi di un rinnovato slancio, nella
mediocrità di chi trova tutto imposto e non partecipa alla vita ecclesiale con
gusto, passione, audacia e fervore. È questa una prima, decisiva disposizione
interiore, indispensabile per tutti, come singoli: laici e laiche, membri della
vita consacrata, diaconi, sacerdoti, e come comunità, nelle varie parrocchie e
vicariati, come nei movimenti e nelle associazioni laicali, compresi anche i
fratelli e le sorelle che partecipano in prima persona al Sinodo diocesano.
Sulla stessa linea d’onda è pure l’affermazione di Papa Francesco, al n. 34
della sua esortazione “Gaudete et
Exultate”, un piccolo gioiello che invito a conoscere e ad approfondire:
“Non avere paura di puntare più in alto, di lasciarti amare e liberare da Dio.
Non avere paura di lasciarti guidare dallo Spirito Santo. La santità non ti
rende meno umano, perché è l’incontro della tua debolezza con la forza della
grazia”. Raccontiamoci allora la vita santa che scorre lungo i sentieri della
nostra diocesi; rallegriamoci per quella realizzata dai “santi della porta
accanto”, tanto numerosi, seppur diversi tra loro, ricordàti con vivo affetto e
gratitudine da tanti di noi, che li abbiamo conosciuti e amati.
Il cammino della comunità cristiana, soprattutto
dentro le parrocchie, si snoda lungo i percorsi ordinari dell’anno liturgico,
vissuto come attualizzazione della misericordia divina che fa esistere la
Chiesa, con le caratteristiche per ogni singolo tempo, nelle modalità che ogni
consiglio pastorale saprà elaborare, per poi condividere con tutti i fedeli.
Proseguiranno gli incontri ordinari di catechesi secondo la nostra tradizione
diocesana per le diverse età della vita dei discepoli di Gesù. Le urgenze
locali, soprattutto le situazioni dei più poveri e degli svantaggiati, possono
essere interpretate come un ulteriore appello di Dio, che chiama all’esercizio
concreto della misericordia. La testimonianza e l’amore per Cristo devono
impegnarci a cercare anche qualche forma di evangelizzazione che passa
attraverso vie nuove. Le scelte diocesane, che realizzeremo nel corso di quest’anno
pastorale, richiedono di essere condivise da tutti, in ogni realtà ecclesiale,
se è vero che vogliamo percorrere un comune cammino di Chiesa, in piena e
sincera unità di intenti. Eccole in successione.
1. La
celebrazione del Sinodo diocesano: “Testimoni e annunciatori della misericordia
di Dio”
Il Sinodo, che avrà inizio ufficiale nel corso di
quest’anno pastorale, ci vedrà tutti rappresentati fin dalla celebrazione
iniziale, nella nostra Basilica Cattedrale, la domenica pomeriggio del 12
gennaio 2020, festa del Battesimo del Signore. La preghiera del Sinodo,
costantemente ricordata nelle singole parrocchie, sarà espressione del
desiderio di tutti di essere partecipi di un evento che è proprio di ciascun
battezzato perché riguarda il futuro della nostra Chiesa, impegnata a rispondere
alle sfide del nostro tempo mediante scelte di misericordia, così da annunciare
il vero volto di Dio Padre. Nei mesi scorsi, già si è fatto un sapiente e
articolato cammino: dapprima, mediante la costituzione di un gruppo
preparatorio; in secondo luogo, con una proposta di consultazione, estesa a
tutte le realtà pastorali della diocesi (nei vicariati, nelle parrocchie, nelle
associazioni laicali e anche singolarmente); quindi, con la costituzione di un
nutrito gruppo di sinodali, in tutto 295, che ancora stanno preparando per i
singoli ambiti un documento base comune, “istrumentum
laboris”, che sarà poi successivamente discusso e vagliato nella fase
effettiva vera e propria dell’undicesimo Sinodo diocesano. Sono ammirato e
commosso per l’interesse, la partecipazione, il contributo generoso e cordiale
di molte persone, che fin dai mesi scorsi hanno permesso di vivere una
esperienza sinodale già altamente significativa, mediante suggerimenti e
proposte operative, al fine di rendere visibile la misericordia di Dio dentro
le diverse realtà. Questi nostri fratelli e sorelle sinodali hanno saputo
diffondere e trasmettere il loro entusiasmo là dove vivono la loro esperienza
cristiana. Li ringrazio di vero cuore per la loro generosa dedizione, per il
tempo che essi hanno dedicato e anche per i non pochi chilometri che hanno
consumato, vista la configurazione della nostra diocesi! E dal momento che la
misericordia non è un semplice parlare consolatorio, essendo direttamente
collegata alle opere, non può essere ridotta a un’idea o a una dottrina, ma
presentata come la categoria generatrice della esperienza cristiana. Esorto i
sinodali a farla risuonare nei diversi ambiti dentro i quali il Sinodo si
declina, ossia: la comunità cristiana, le famiglie, i giovani, i sacerdoti, i
poveri. La misericordia non può essere infatti circoscritta dentro una visione
sentimentale e intimistica, ma, essendo “l’architrave della vita della Chiesa”,
deve riguardare anche la dimensione visibile, storica e strutturale delle
nostre comunità di credenti. La dimensione sociale è infatti intrinsecamente
legata al Vangelo stesso. I sinodali offriranno contributi significativi nella
misura in cui sapranno lasciarsi illuminare e confrontare, da una parte, dalla
Parola di Dio, e dall’altra, si lasceranno guidare dalle urgenze e dagli
appelli della storia di oggi, senza dimenticare che “misericordia” è
innanzitutto il nome di Dio Trinità ed è la strada che Egli ha scelto per
venirci incontro. La cultura e la società di un tempo, tutta impregnata di
cristianesimo, almeno in Europa, aiutava, mediante la dottrina insegnata a
tutti, alla formazione di una mentalità cristiana. Oggi, dentro una cultura
altamente secolarizzata e pluralista, occorre inventare nuove strade, nuovi
linguaggi, percorsi, capaci di far dialogare il sapere e la vita, per
restituire a Dio il suo ruolo centrale di protagonista, nella fiducia che il
Vangelo possa continuare a toccare il cuore anche delle donne e degli uomini di
oggi. Con scelte appropriate la nostra Chiesa potrà assumersi la responsabilità
di essere il segno vivo dell’amore del Padre, manifestare il tratto di carità
che la rende simile al suo capo, il Cristo, che ci raggiunge con la forza operosa
dei suoi Sacramenti.
2. La
nostra nuova presenza missionaria in Mozambico
Una urgenza molto viva nella nostra Chiesa è
quella di non confinare ai soli addetti ai lavori, o affidare a una commissione
o ad un semplice documento, la dimensione missionaria della vita cristiana. È
urgente l’esigenza di educare tutti, sacerdoti e laici, fermentando processi di
rinnovamento. La stessa diminuzione numerica del clero può essere interpretata
come una opportunità perché tutto il popolo di Dio, come frutto del comune
Battesimo, valorizzi il compito di annunciare il Vangelo. Tutti i battezzati,
infatti, sono chiamati ad essere discepoli missionaria nome della Chiesa, che è
sempre e comunque in stato di missione. Proprio dalla “missio ad gentes” possiamo imparare uno stile nuovo, non ripetendo
modelli validi in altre Chiese, quanto ricevendo da esse un forte stimolo di
generatività per una nuova presenza missionaria tra noi, nei nostri ambienti di
vita, dove spesso è facile il tentativo di rinchiudersi con i soliti pochi,
incapaci di dialogare con quanti stanno ai margini delle comunità o la
frequentano solo in occasione di speciali eventi. Ci ricorda Papa Francesco
nella sua Evangelii Gaudium, al n. 24:
“La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa,
l’ha preceduta nell’amore e per questo sa fare il primo passo, sa prendere
l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli
incroci delle strade per invitare gli esclusi. Vive un desiderio inesauribile
di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia
del Padre e la sua forza diffusiva”. La “missio
ad gentes” può diventare veramente un paradigma per l’ardua impresa di una
nuova presenza missionaria nel nostro ambiente di vita. La pastorale può essere
aiutata e stimolata a un modo nuovo di rapportarci tra noi, educandoci ad
andare incontro anche ai non credenti, a quanti hanno abbandonato la fede per
sfiducia nella Chiesa, a coloro che vogliono conoscere la vita della comunità
cristiana, in cui è presente Cristo vivo, operante mediante il suo Spirito
Santo. Siamo lontani da ogni desiderio di proselitismo e da una semplice
filantropìa, piuttosto siamo mossi dall’urgenza di promuovere e far fiorire
l’umano, che ha intimamente a che fare con il Vangelo, il cui centro è il Dio
di misericordia, che ha a cuore le miserie dell’umanità, peccato incluso. Con
tali intendimenti vogliamo quest’anno dar vita a una nuova cooperazione
missionaria in Africa, precisamente in Mozambico, nella diocesi di Nacala.
Invieremo “in avanscoperta”, nei prossimi mesi, don Filippo Macchi, (per questo
primo periodo ospite della diocesi di Pordenone), in attesa di costituire un
gruppo di volontari che vivano e operino insieme: una coppia di sposi, o
singoli, ma anche persone consacrate, disposti a lavorare in équipe negli spazi
parrocchiali che verranno loro assegnati. Sarà una presenza che si aggiunge a
quella animata dai nostri tre missionari in Perù (don Savio Castelli, don
Roberto Seregni, don Ivan Manzoni). Mi auguro che la nuova missione possa
diventare nel tempo una nuova occasione rigeneratrice a vantaggio della nostra
Chiesa, un luogo di confronto e di stimolo per smuovere le acque stagnanti del
nostro ambiente, dove non si può più dare per scontato il cristianesimo e dove
non ci si può più accontentare della facile espressione: “abbiamo sempre fatto
così!”, oppure: “per questi compiti ci sono i sacerdoti”! È sotto gli occhi di
tutti che il cristianesimo di massa è ormai scomparso. Il Vangelo, oggi,
richiede di essere trasmesso da persona a persona, valorizzando, certo,
l’apporto dei sacerdoti, ma anche quella immensa maggioranza del popolo di Dio
che sono i laici, mediante i carismi loro propri. Essi possono annunciare il
Vangelo attraverso il loro senso di responsabilità e attraverso le varie
competenze, nei diversi contesti di vita, anche negli spazi pubblici, convinti
della forza umanizzante dei valori evangelici.
3. Le
“comunità pastorali”
Vicina alla dimensione missionaria della Chiesa,
di cui ho parlato nel paragrafo precedente, è la necessaria opera di
ristrutturazione delle nostre parrocchie, molte delle quali sono (o saranno
prossimamente) costituite nelle cosiddette “comunità pastorali”, un insieme di
più parrocchie che non sono in concorrenza tra loro, ma che si aiutano
vicendevolmente, in un dare e ricevere contemporaneamente, in un tessere una
trama di legami tra le persone, le famiglie, le formazioni sociali presenti sul
territorio. Oggi è indispensabile che le singole comunità rinuncino ad agire in
proprio, senza alcuna collaborazione tra loro, presumendo di bastare a loro
stesse. E nello stesso tempo è urgente che i diversi Vicariati diventino
realmente un motore della pastorale integrata, che creino occasioni qualificate
di incontro e di formazione, che facilitino un rapporto più intenso e pieno di
fiducia tra sacerdoti e laici. Circa l’utilità e la paziente, progressiva
attuazione delle comunità pastorali molto verrà indicato nel “Vademecum”, che
viene presentato proprio in questi giorni, preparato con rigorosa cura e dopo
molto ascolto e confronto, dal nostro Ufficio Pastorale, che ringrazio
vivamente. Le comunità pastorali sono luoghi in cui i cristiani possono più
facilmente confrontare la loro fede, visto il contesto in cui non è più dato
per scontato l’essere cristiani. Nelle comunità pastorali, inoltre, si possono
favorire momenti per instaurare nuove esperienze di autentica fraternità tra
cristiani, come pure con i non credenti o i non praticanti o con quanti
intendono (ri)cominciare a credere o iniziare un vero e proprio catecumenato
per adulti. Il contributo dei cristiani laici è imprescindibile. Per venire
incontro a tale compito è però assolutamente indispensabile potenziare il
protagonismo dei laici, senza tuttavia relegare il loro impegno esclusivamente
in compiti intra ecclesiali, per favorire la loro presenza di evangelizzazione
nelle diverse realtà del mondo, con una preparazione teologica/pastorale
adeguata, che i sacerdoti devono farsi premura di offrire. I laici, mentre
annunciano il Vangelo, possono venire incontro con immediatezza alle reali
necessità delle persone, mettersi in ascolto delle ricchezze e delle tensioni
del mondo del lavoro, della scuola, della salute, dei problemi di accoglienza
dei più deboli, degli anziani, dei profughi, delle difficoltà dei genitori
nell’educare i loro figli, ecc. È un impegno che non si realizza con un colpo
di bacchetta magica, ma che va preparato con un’opera di sapiente formazione
teologica/pastorale e va potenziato, anche per non disperdere quel capitale di
bene, ricevuto da una sana tradizione, maturata lungo i secoli, i cui frutti
sono rintracciabili ancor oggi. Nello stesso tempo, preghiamo il Padrone della
messe perché mandi operai nella sua messe. Accogliamo i suggerimenti di Papa
Francesco: “Se partiamo dalla convinzione che lo Spirito continua a suscitare
vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, possiamo di nuovo ‘gettare le
reti’ nel nome del Signore in piena fiducia. Possiamo – e dobbiamo – avere il
coraggio di dire ad ogni giovane di interrogarsi sulla possibilità di seguire
questa strada” (Christus vivit, 274).
4.
Ricostruire il santuario di Gallivaggio
Tutti conoscete come il santuario mariano di
Gallivaggio (in Valchiavenna) sia miracolosamente scampato dalla distruzione
totale a causa di una frana, il 29 maggio 2018. Essa ha causato, sì, danni
ingenti, ma non ha demolito radicalmente l’edificio, come si poteva umanamente
prevedere, vista la quantità enorme di materiale, che invece è stato
provvidenzialmente deviato. Sono drammatiche le immagini diffuse su YouTube che registrano il momento della
discesa della frana. Mentre ringraziamo di tutto cuore Maria, che ancora una
volta ha protetto la sua e nostra casa, dentro la quale manifesta con tenerezza
materna la misericordia di Dio, è nostro impegno collaborare per il restauro di
questo storico edificio e di quelli adiacenti. È stata costituita una commissione
di studio e di coordinamento dei lavori con sede a Chiavenna, mentre è in fase
di preparazione un progetto per ricostruire, in diverse tappe, le parti
ammalorate del santuario. È previsto un impegno di sei milioni di euro, in
parte assicurati da un contributo straordinario della Regione Lombardia. Sono
già state diffuse sul sito diocesano le modalità per raccogliere ulteriori
offerte. Invito a un gara di generosità che esprima la partecipazione delle
parrocchie, dei singoli e di altri enti, per collaborare insieme alla
ricostruzione di questo Santuario, tanto amato, nel quale il messaggio della
Misericordia risplende nella sua attualità.
Cari fratelli e sorelle affrontiamo senza riserve
e di buon animo l’anno pastorale che ci sta davanti, affidandoci al Signore
risorto, che guida la sua Chiesa e continua a compiere le sue meraviglie, ma
anche riponiamo tanta fiducia in tutti i membri del popolo di Dio. Chiediamo
allo Spirito Santo di trovare il coraggio per liberare insieme la brace che
soggiace sotto la cenere, in modo da far rinvigorire la fiamma viva e ardente
dell’amore e della gioia di Dio. C’è gente tra noi piena di generosità, capaci
di iniziativa e amorevolezza, come il buon Samaritano? Ci sono credenti
dalla fede semplice come il centurione romano? Ci sono giovani entusiasti come Giovanni Battista? C’è chi sa osare l’inedito come Paolo a servizio della evangelizzazione? Possiamo contare su famiglie che, grazie a una vita di preghiera e d’amore, divengono sempre più “laboratori di umanizzazione”? Ci sono donne tra noi innamorate del Signore e della sua Chiesa come Maria di Magdala? Ci sono anziani che, come Simeone e Anna, riempiono di consolazione l’ambiente in cui vivono?
dalla fede semplice come il centurione romano? Ci sono giovani entusiasti come Giovanni Battista? C’è chi sa osare l’inedito come Paolo a servizio della evangelizzazione? Possiamo contare su famiglie che, grazie a una vita di preghiera e d’amore, divengono sempre più “laboratori di umanizzazione”? Ci sono donne tra noi innamorate del Signore e della sua Chiesa come Maria di Magdala? Ci sono anziani che, come Simeone e Anna, riempiono di consolazione l’ambiente in cui vivono?
Posso affermare con tutta certezza di sì.
Incontro tanti cristiani pieni di fervore, disposti a divenire presenze di
misericordia per grazia e per scelta, nelle diverse parrocchie che visito. Sono
persone capaci di mitezza e di misericordia, puri di cuore e costruttori di
pace, dotate anche di spirito profetico, umili e ricche di “sapienza del
cuore”. Con questi nostri fratelli e sorelle, disposti a ravvivare la fiamma
sotto la cenere delle nostre paure e delle nostre esitazioni, osiamo sognare
una Chiesa più evangelica, serva dell’umanità, amica dei poveri, capace di
mettersi a disposizione di questo nostro mondo e di portare in esso il fuoco
santo dell’amore di Dio.
Vorrei augurarmi che anche voi, che mi leggete,
siate tra queste persone: testimoni e annunciatori della misericordia di Dio. Chiedo
alla Santissima Trinità Misericordia la benedizione per tutti voi, per le
vostre famiglie e per l’intera Comunità diocesana, supplice la Madre di Dio e
Madre nostra.
+
Oscar Cantoni
31
agosto 2019 – Festività di sant’Abbondio, patrono della nostra Chiesa