Vescovo Oscar Prima Domenica di Quaresima
Cari amici nel Signore,
La domenica, Pasqua della settimana, è il giorno in cui il crocifisso
Signore, risorto dai morti, raduna il suo popolo per la celebrazione
eucaristica, memoriale della sua passione, morte e risurrezione.
Oggi, purtroppo, la celebrazione avviene a porte chiuse, ma si
diffonde ovunque da questa nostra Cattedrale fino a raggiungervi nelle
singole abitazioni per significare che Dio non abbandona mai il suo
popolo e va in cerca di lui, continuamente lo sostiene con la sua Parola
e lo nutre con il pane di vita, frutto del sacrificio di Cristo, che
oggi possiamo ricevere nella comunione spirituale.
Nulla, quindi, ci può separare dall’amore di Dio, nemmeno le nostre
distanze, tanto meno il “corona virus”, che in queste settimane sta
segnando la nostra vita, blocca ogni nostro progetto, personale e
comunitario, e continua a lasciarci pieni di smarrimento e di paura.
Il giorno del Signore, la domenica, è anche il giorno della comunità cristiana.
La celebrazione eucaristica non è mai un fatto individuale: ci
coinvolge tutti, perché nutrendoci del medesimo Pane, ossia il corpo
glorioso del Signore risorto, diveniamo una cosa sola, con Lui, ma anche
tra di noi.
Una comunione effettiva ed affettiva, così profonda che nulla ci può
separare. Una comunione che avvertiamo viva anche in questo momento di
precarietà e che stimola a prenderci cura gli uni degli altri e mai ci
autorizza a vivere gli uni senza gli altri, e tanto meno, gli uni contro
gli altri.
Mi è concessa l’occasione favorevole per entrare, come vostro
pastore, nelle vostre case, che dovreste sperimentare, oggi più che mai,
quale piccola “chiesa domestica”, dove Dio abita con i suoi figli.
Reco con me la pace e la gioia del Signore risorto, che vi dono in
abbondanza, come frutto della sua morte e risurrezione, come anticipo di
quella comunione d’amore che ci è promessa e che godremo in pienezza
nell’ al di là.
Vi porgo anche il saluto di tutti i sacerdoti delle nostre
parrocchie, che oggi celebrano la Eucaristia in forma privata e tuttavia
vi sono vicini con vivo affetto nel Signore, in questo momento di
crisi.
E’ l’abbraccio santo di tutta la nostra Chiesa, che ha accettato, non
senza sofferenza, ma con senso di responsabilità, di non radunare le
assemblee eucaristiche domenicali, come ci è stato indicato, per non
collaborare alla diffusione in massa del virus, che potrebbe infettare
tutta la popolazione.
Non voglio fermarmi alla semplice cronaca di ciò che sta avvenendo,
ma invitarvi tutti ad andare oltre, ossia a interpretare nella fede la
realtà che viviamo, quel clima di paura e di incertezza che si respira
ovunque.
Vi invito, innanzitutto, a vivere la crisi con un sano realismo, ma
senza incubi, accettandola non come una semplice perdita (e lo è in
tanti settori, a partire dalla economia, ma ancora di più, nelle nostre
relazioni interpersonali), come una vera, insperata opportunità.
Ciò che Dio permette ha sempre un valore pedagogico e a noi è
richiesta l’intelligenza spirituale per riconoscerlo, l’umiltà per
accettarlo e la forza creativa per attuarlo.
La nostra conversione, in questo tempo di Quaresima, consiste proprio
nell’ accogliere quello che Dio propone e nell’ aderirvi generosamente,
anche se scombina i nostri piani e ci sembra incomprensibile.
Cosa insegna all’umanità questo drammatico evento che è il “corona virus”?
- Innanzitutto che il Signore ci chiama a guardare in alto, cioè a tornare a Lui, con fiducia filiale, per riconoscerci in verità per quello che siamo e valiamo.
Siamo invitati a ricorrere a Dio, creatore e padre, ricco di
misericordia, che anche in questa occasione di grande inquietudine,
desidera per noi la pienezza della vita.
Siamo figli di Dio, amati e preziosi, ma oggi avvertiamo con maggiore
chiarezza di essere creature vulnerabili, tanto deboli e fragili,
tentati da facili, allettanti illusioni, veri idoli, come quelli che
satana, nel Vangelo di oggi, ha promesso a Gesù, nel tempo del suo
deserto. “Tutte queste cose io ti darò, se gettandoti ai miei piedi, mi adorerai”. L’uomo di oggi, anche se è divenuto maggiorenne, non può fare a meno di Dio, perché solo il Signore è la sorgente della vita.
Non possiamo distogliere lo sguardo da Dio per non cadere nella adorazione degli idoli che allettano, ma che poi deludono.
Disinvolti e liberi, ci crediamo talmente onnipotenti da crederci
dominatori del mondo, poi, basta un virus per sentirci all’improvviso
inconsistenti, privi di risorse e ci abbattiamo facilmente, fino a
giungere a prendere le distanze dagli altri, come se fossero pericolosi,
disposti perfino a rompere le buone relazioni, che sono, invece, la
nostra vera ricchezza, dal momento che l’uomo non è fatto per vivere
separato dagli altri, ma per la comunione.
- L’uomo di oggi, poi, fa fatica a ricorrere al Dio della vita attraverso la preghiera, quasi fosse un compito da bambini e non un mezzo comune per ravvivare la comunione filiale con lui. Fare della famiglia la nostra “chiesa domestica”, significa riconoscere che essa è il luogo dove matura la prima esperienza della comunione tra persone, in cui si riflette, per grazia, il mistero della Santa Trinità.
In queste settimane dovrebbe essere più facile vivere insieme il
momento della preghiera, nei tempi e nei modi più opportuni, anche tra
genitori e figli, magari in compagnia degli amici.
Una famiglia che prega sarà sempre una famiglia unita.
A questo proposito, il Vangelo di oggi ci presenta Gesù, condotto
dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni. Egli vive la preghiera
in un modo ancora più intenso, così da trarre forza per scegliere ciò
che piace a Dio, suo Padre.
Gesù, che conosce bene le Scritture, risponde in modo risoluto a
satana, che sottilmente lo tenta e vorrebbe distoglierlo da questo suo
raccoglimento, ma Gesù afferma senza esitazione: “non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio“.
Non possiamo accontentarci dei beni terreni e delle nostre risorse
materiali, come se fossero la sola sicurezza e il nostro orizzonte unico
e definitivo. Noi uomini siamo fatti per vivere per sempre nella
dignità dei figli di Dio, creati a sua immagine. Con il Battesimo, noi
siamo diventati stirpe divina, veri figli del Padre, e di conseguenza
chiamati a vivere tra noi libere relazioni fraterne.
3. Non aspettiamoci che Dio intervenga con soluzioni miracolistiche,
quasi che non siano necessarie le cure mediche e non più obbligatorie le
diverse precauzioni segnalateci. Sottostiamo con docilità alle
indicazioni che ci vengono via via indicate. E’ un segno di umiltà, ma
anche di alta responsabilità.
Come Gesù nel deserto, non diamo ascolto a satana che, condottolo
nella città santa, gli ha proposto di tentare Dio gettandosi giù dal
tempio, costringendolo ad intervenire in suo favore attraverso l’invio
degli angeli. Gesù, però, prontamente gli ha risposto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”.
Dio ci ama anche in questo tempo, affidandoci, però, alla reciproca
solidarietà, perché noi siamo responsabili gli uni degli altri, senza
una “caccia all’untore” come si registra in alcuni luoghi!
Dalla esperienza di questi giorni, impariamo anche a esprimere
profonda riconoscenza verso chi opera a servizio della collettività:
medici, infermieri, ricercatori, forze dell’ordine, autorità civili, che
espongono loro stessi al rischio della vita. E soprattutto mostriamo
vicinanza, interesse e sostegno solidale nei confronti di quanti hanno
bisogno di cure e di attenzione, di quanti sono deboli e indifesi, senza
quindi abbandonarli a loro stessi, come se fossero degli estranei.
La nostra fraternità in Cristo fa di noi un popolo solidale, che
vince il male con la diffusione del bene e affronta le calamità con la
forza dell’amore.