Domenica delle Palme
Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Filippési (2, 6-11)
Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.
Parola di Dio.
Passione di Dio per noi
Dio è talmente appassionato dell'umanità, da permettere la passione di suo Figlio, che per coerenza con l'amore e la verità che ha sempre predicato accetta la contrarietà, la persecuzione e persino la morte infamante della croce.
Le scene terribili degli ultimi giorni di Gesù ci consegnano un Dio che sa soffrire, da uomo, a 360 gradi. Affronta dolori fisici lancinanti (violenze di ogni tipo), psicologici (paura e angoscia), interiori (tradimento, rifiuto), morali (l'ingiustizia di una punizione immeritata), spirituali (sentirsi abbandonato da Dio).
Questo meraviglioso incastro di possibilità e di libertà che è la vita non ci mette al riparo dal male, in qualsiasi forma si presenti, chiunque ne sia il colpevole. Gesù lo affronta con la schiena dritta, lo attraversa senza scorciatoie e risentimenti, lo guarda in faccia in tutta la sua crudezza senza disprezzo.
Dal crocifisso sembra dire a ogni sofferente del mondo: "so cosa vuol dire, ho provato anch'io". Ma anche: "Coraggio, pure il dolore più grande è passeggero".
Nel racconto della passione colpiscono i suoi silenzi, come se ogni parola in più fosse superflua o controproducente. In essi Gesù coltiva la fiducia nella vicinanza di Dio.
Come un abbraccio che nessuno riesce a offrirgli, ma di cui umanamente ha bisogno. L'abbraccio che dice a chi soffre: "sono qui, con te".