San Ignazio di Loyola
San Ignazio di Loyola: Gli esercizi per l'anima
Íñigo López nasce il 24 dicembre 1491 nel castello di Loyola, vicino la città di Azpeitia (Spagna). Ultimo di tredici fratelli, la madre muore quando Ignazio ha solo sette anni. Diventa paggio al servizio di Juan Velázquez de Cuéllar, tesoriere del regno di Castiglia e di lui parente. La vita cortigiana di Ignazio in questo periodo prevede uno stile sregolato, senza freni morali.
Nel 1517 prende servizio nell'esercito. A seguito di una grave ferita subita durante la Battaglia di Pamplona (1521) e per colpa della ferita passa un lungo periodo di convalescenza nel castello del padre. Durante la degenza ha occasione di leggere numerosi testi religiosi, molti dei quali dedicati alla vita di Gesù e dei santi. Travolto dal desiderio di cambiare vita, si ispira a Francesco d'Assisi. Decide di convertirsi e si reca in Terra santa, per vivere come mendicante, ma presto è costretto a rientrare in Spagna.
In questo periodo elabora un proprio metodo di preghiera e contemplazione, basato sul discernimento. Risultato di queste esperienze saranno poi gli "Esercizi Spirituali", metodi che descrivono una serie di meditazioni a cui, poi, il futuro ordine dei Gesuiti adotterà. Quest'opera inoltre influenzerà profondamente i futuri metodi della Chiesa cattolica.
Entra nel monastero di Manresa, in Catalogna, dove sceglie di praticare un severissimo ascetismo. Ignazio ha varie visioni, come racconterà successivamente nella sua "Autobiografia". La Vergine Maria diventa oggetto della sua devozione cavalleresca: l'immaginario militare giocherà sempre una parte importante nella vita e nelle contemplazioni religiose di Ignazio di Loyola.
Nel 1528 si trasferisce a Parigi per studiare presso l'università cittadina; rimane in Francia per sette anni, approfondendo la propria cultura letteraria e teologica, e cercando di coinvolgere altri studenti ai suoi "Esercizi Spirituali".
Nel 1528 si trasferisce a Parigi per studiare presso l'università cittadina; rimane in Francia per sette anni, approfondendo la propria cultura letteraria e teologica, e cercando di coinvolgere altri studenti ai suoi "Esercizi Spirituali".
Sei anni più tardi Ignazio può contare su sei fedeli discepoli: il francese Peter Faber, gli spagnoli Francis Xavier (noto come san Francesco Saverio), Alfonso Salmeron, James Lainez, Nicholas Bobedilla e il portoghese Simon Rodrigues.
Il 15 agosto 1534 Ignazio e gli altri sei studenti si incontrano a Montmartre, vicino Parigi, legandosi reciprocamente con un voto di povertà e castità: fondano la "Società di Gesù", allo scopo di vivere come missionari a Gerusalemme o recarsi incondizionatamente in qualsiasi luogo il Papa avesse loro ordinato.
Il 15 agosto 1534 Ignazio e gli altri sei studenti si incontrano a Montmartre, vicino Parigi, legandosi reciprocamente con un voto di povertà e castità: fondano la "Società di Gesù", allo scopo di vivere come missionari a Gerusalemme o recarsi incondizionatamente in qualsiasi luogo il Papa avesse loro ordinato.
Si recano in Italia nel 1537 in cerca dell'approvazione papale per il loro ordine religioso. Papa Paolo III loda le loro intenzioni consentendo di essere ordinati sacerdoti. Il giorno 24 giugno a Venezia è il vescovo di Arbe (oggi Rab, città croata) a ordinarli. Le tensioni tra l'imperatore, Venezia, il Papa e l'Impero Ottomano rendevano impossibile qualsiasi viaggio a Gerusalemme, così ai neosacerdoti non resta che dedicarsi alla preghiera ed ai lavori di carità in Italia.
Ignazio prepara il testo per la costituzione del nuovo ordine e con Faber e Lainez, si dirige a Roma per farlo approvare al papa . Una congregazione di cardinali si dimostra favorevole al testo e papa Paolo III conferma l'ordine con la bolla papale "Regimini militantis" (27 settembre 1540), limitando perà il numero dei membri a sessanta (limitazione che verrà rimossa tre anni più tardi).
Ignazio viene scelto come primo Superiore Generale della Compagnia di Gesù. Invia i suoi compagni come missionari in tutta l'Europa per creare scuole, istituti, collegi e seminari. Gli Esercizi Spirituali vengono stampati per la prima volta nel 1548: Ignazio viene condotto davanti al tribunale dell'Inquisizione, per poi essere rilasciato. Nello stesso anno Ignazio di Loyola fonda a Messina il primo Collegio dei Gesuiti, il famoso "Primum ac Prototypum Collegium ovvero Messanense Collegium Prototypum Societatis", prototipo di tutti gli altri collegi di insegnamento che i gesuiti fonderanno con successo nel mondo, facendo dell'insegnamento caratteristica distintiva dell'ordine.
L'ordine dei gesuiti, istituito con l'intento di rafforzare la Chiesa di Roma, inizialmente contro il Protestantesimo, sarà di fatto determinante nel successo della Contro-Riforma.
L'ordine dei gesuiti, istituito con l'intento di rafforzare la Chiesa di Roma, inizialmente contro il Protestantesimo, sarà di fatto determinante nel successo della Contro-Riforma.
Ignazio scrive poi le "Costituzioni gesuite", adottate nel 1554, che creavano un'organizzazione monarchica e promuovevano un'obbedienza assoluta verso il Papa. La regola di Ignazio diventerà il motto non ufficiale dei gesuiti: "Ad Maiorem Dei Gloriam". Nel periodo compreso tra il 1553 e il 1555, Ignazio scrive (dettandola a padre Gonçalves da Câmara, suo segretario) la storia della sua vita.
L'autobiografia - essenziale per la comprensione dei suoi Esercizi Spirituali - rimarrà tuttavia segreta per oltre un secolo e mezzo, custodita negli archivi dell'ordine.
Ignazio di Loyola muore a Roma il giorno 31 luglio 1556. La festa religiosa viene celebrata il 31 luglio, giorno della sua morte.
Ignazio di Loyola muore a Roma il giorno 31 luglio 1556. La festa religiosa viene celebrata il 31 luglio, giorno della sua morte.
Canonizzato il 12 marzo 1622, quindici anni dopo (il 23 luglio 1637) il corpo viene collocato in un'urna di bronzo dorato nella Cappella di sant'Ignazio della Chiesa del Gesù in Roma.
Cari Padri e Fratelli della Compagnia di Gesù,
è con grande gioia che vi incontro in questa storica Basilica di San Pietro, dopo la Santa Messa celebrata per voi dal Card. Angelo Sodano, mio Segretario di Stato, in occasione di varie ricorrenze giubilari della Famiglia Ignaziana. A tutti rivolgo il mio cordiale saluto. Saluto in primo luogo il Preposito Generale, P. Peter-Hans Kolvenbach, e lo ringrazio per le cortesi parole con cui mi ha manifestato i vostri comuni sentimenti. Saluto i Signori Cardinali con i Vescovi ed i sacerdoti e quanti hanno voluto partecipare all'odierna manifestazione. Insieme ai Padri e ai Fratelli, saluto anche gli amici della Compagnia di Gesù qui presenti, e tra loro i molti religiosi e religiose, i membri delle Comunità di Vita Cristiana e dell'Apostolato della Preghiera, gli alunni ed ex-alunni con le loro famiglie di Roma, d'Italia e di Stonyhurst in Inghilterra, i docenti e gli studenti delle istituzioni accademiche, i numerosi collaboratori e collaboratrici. L'odierna vostra visita mi offre l'opportunità di ringraziare insieme a voi il Signore per aver concesso alla vostra Compagnia il dono di uomini di straordinaria santità e di eccezionale zelo apostolico quali sono sant'Ignazio di Loyola, san Francesco Saverio e il beato Pietro Favre. Essi sono per voi i Padri e i Fondatori: è giusto, perciò, che in quest'anno centenario li ricordiate con gratitudine e guardiate a loro come a guide illuminate e sicure del vostro cammino spirituale e della vostra attività apostolica.
Sant'Ignazio di Loyola fu anzitutto un uomo di Dio, che pose al primo posto nella sua vita Dio, la sua maggior gloria e il suo maggior servizio; fu un uomo di profonda preghiera, che aveva il suo centro e il suo culmine nella Celebrazione Eucaristica quotidiana. In tal modo egli ha lasciato ai suoi seguaci un'eredità spirituale preziosa che non deve essere smarrita o dimenticata. Proprio perché uomo di Dio, sant'Ignazio fu fedele servitore della Chiesa, nella quale vide e venerò la sposa del Signore e la madre dei cristiani. E dal desiderio di servire la Chiesa nella maniera più utile ed efficace è nato il voto di speciale obbedienza al Papa, da lui stesso qualificato come "il nostro principio e principale fondamento" (MI, Serie III, I, p. 162). Questo carattere ecclesiale, così specifico della Compagnia di Gesù, continui ad essere presente nelle vostre persone e nella vostra attività apostolica, cari Gesuiti, affinché possiate venire incontro fedelmente alle urgenti attuali necessità della Chiesa. Tra queste mi pare importante segnalare l'impegno culturale nei campi della teologia e della filosofia, tradizionali ambiti di presenza apostolica della Compagnia di Gesù, come pure il dialogo con la cultura moderna, che se da una parte vanta meravigliosi progressi in campo scientifico, resta fortemente segnata dallo scientismo positivista e materialista.
Certamente, lo sforzo di promuovere in cordiale collaborazione con le altre realtà ecclesiali, una cultura ispirata ai valori del Vangelo, richiede una intensa preparazione spirituale e culturale. Proprio per questo, sant'Ignazio volle che i giovani gesuiti fossero formati per lunghi anni nella vita spirituale e negli studi. È bene che questa tradizione sia mantenuta e rafforzata, data pure la crescente complessità e vastità della cultura moderna. Un'altra grande preoccupazione per lui fu l'educazione cristiana e la formazione culturale dei giovani: di qui l'impulso che egli diede all'istituzione dei "collegi", i quali, dopo la sua morte, si diffusero in Europa e nel mondo. Continuate, cari Gesuiti, questo importante apostolato mantenendo inalterato lo spirito del vostro Fondatore.
Parlando di sant'Ignazio non posso tralasciare il ricordo di san Francesco Saverio, di cui lo scorso 7 aprile si è celebrato il quinto centenario della nascita: non solo la loro storia si è intrecciata per lunghi anni da Parigi e Roma, ma un unico desiderio - si potrebbe dire, un'unica passione - li mosse e sostenne nelle loro pur differenti vicende umane: la passione di dare a Dio-Trinità una gloria sempre più grande e di lavorare per l'annunzio del Vangelo di Cristo ai popoli che lo ignoravano. San Francesco Saverio, che il mio predecessore Pio XI di venerata memoria ha proclamato "patrono delle Missioni cattoliche", avvertì come sua missione quella di "aprire vie nuove" al Vangelo "nell'immenso continente asiatico". Il suo apostolato in Oriente durò appena dieci anni, ma la sua fecondità si è rivelata mirabile nei quattro secoli e mezzo di vita della Compagnia di Gesù, poiché il suo esempio ha suscitato tra i giovani gesuiti moltissime vocazioni missionarie, e tuttora egli resta un richiamo perché si continui l'azione missionaria nei grandi Paesi del continente asiatico.
Se san Francesco Saverio lavorò nei Paesi d'Oriente, il suo confratello e amico fin dagli anni parigini, il beato Pietro Favre, savoiardo, nato il 13 aprile 1506, operò nei Paesi europei, dove i fedeli cristiani aspiravano ad una vera riforma della Chiesa. Uomo modesto, sensibile, di profonda vita interiore e dotato del dono di stringere rapporti di amicizia con persone di ogni genere, attirando in tal modo molti giovani alla Compagnia, il beato Favre trascorse la sua breve esistenza in diversi Paesi europei, specialmente in Germania, dove per ordine di Paolo III prese parte, nelle diete di Worms, di Ratisbona e di Spira, ai colloqui con i capi della Riforma. Ebbe così modo di praticare in maniera eccezionale il voto di speciale obbedienza al Papa "circa le missioni", divenendo per tutti i gesuiti del futuro un modello da seguire.
Cari Padri e Fratelli della Compagnia, quest'oggi voi guardate con particolare devozione alla Beata Vergine Maria, ricordando che il 22 aprile del 1541 Ignazio e i suoi primi compagni emisero i voti solenni dinanzi all'immagine di Maria nella Basilica di San Paolo fuori le Mura. Continui Maria a vegliare sulla Compagnia di Gesù perché ogni suo membro porti nella sua persona l'"immagine" di Cristo Crocifisso per aver parte alla sua risurrezione. Assicuro per questo un ricordo nella preghiera, mentre a ciascuno di voi qui presente ed all'intera vostra famiglia spirituale imparto volentieri la mia benedizione, che estendo anche a tutte le altre persone religiose e consacrate che sono intervenute a questa Udienza.
Sant'Ignazio di Loyola fu anzitutto un uomo di Dio, che pose al primo posto nella sua vita Dio, la sua maggior gloria e il suo maggior servizio; fu un uomo di profonda preghiera, che aveva il suo centro e il suo culmine nella Celebrazione Eucaristica quotidiana. In tal modo egli ha lasciato ai suoi seguaci un'eredità spirituale preziosa che non deve essere smarrita o dimenticata. Proprio perché uomo di Dio, sant'Ignazio fu fedele servitore della Chiesa, nella quale vide e venerò la sposa del Signore e la madre dei cristiani. E dal desiderio di servire la Chiesa nella maniera più utile ed efficace è nato il voto di speciale obbedienza al Papa, da lui stesso qualificato come "il nostro principio e principale fondamento" (MI, Serie III, I, p. 162). Questo carattere ecclesiale, così specifico della Compagnia di Gesù, continui ad essere presente nelle vostre persone e nella vostra attività apostolica, cari Gesuiti, affinché possiate venire incontro fedelmente alle urgenti attuali necessità della Chiesa. Tra queste mi pare importante segnalare l'impegno culturale nei campi della teologia e della filosofia, tradizionali ambiti di presenza apostolica della Compagnia di Gesù, come pure il dialogo con la cultura moderna, che se da una parte vanta meravigliosi progressi in campo scientifico, resta fortemente segnata dallo scientismo positivista e materialista.
Certamente, lo sforzo di promuovere in cordiale collaborazione con le altre realtà ecclesiali, una cultura ispirata ai valori del Vangelo, richiede una intensa preparazione spirituale e culturale. Proprio per questo, sant'Ignazio volle che i giovani gesuiti fossero formati per lunghi anni nella vita spirituale e negli studi. È bene che questa tradizione sia mantenuta e rafforzata, data pure la crescente complessità e vastità della cultura moderna. Un'altra grande preoccupazione per lui fu l'educazione cristiana e la formazione culturale dei giovani: di qui l'impulso che egli diede all'istituzione dei "collegi", i quali, dopo la sua morte, si diffusero in Europa e nel mondo. Continuate, cari Gesuiti, questo importante apostolato mantenendo inalterato lo spirito del vostro Fondatore.
Parlando di sant'Ignazio non posso tralasciare il ricordo di san Francesco Saverio, di cui lo scorso 7 aprile si è celebrato il quinto centenario della nascita: non solo la loro storia si è intrecciata per lunghi anni da Parigi e Roma, ma un unico desiderio - si potrebbe dire, un'unica passione - li mosse e sostenne nelle loro pur differenti vicende umane: la passione di dare a Dio-Trinità una gloria sempre più grande e di lavorare per l'annunzio del Vangelo di Cristo ai popoli che lo ignoravano. San Francesco Saverio, che il mio predecessore Pio XI di venerata memoria ha proclamato "patrono delle Missioni cattoliche", avvertì come sua missione quella di "aprire vie nuove" al Vangelo "nell'immenso continente asiatico". Il suo apostolato in Oriente durò appena dieci anni, ma la sua fecondità si è rivelata mirabile nei quattro secoli e mezzo di vita della Compagnia di Gesù, poiché il suo esempio ha suscitato tra i giovani gesuiti moltissime vocazioni missionarie, e tuttora egli resta un richiamo perché si continui l'azione missionaria nei grandi Paesi del continente asiatico.
Se san Francesco Saverio lavorò nei Paesi d'Oriente, il suo confratello e amico fin dagli anni parigini, il beato Pietro Favre, savoiardo, nato il 13 aprile 1506, operò nei Paesi europei, dove i fedeli cristiani aspiravano ad una vera riforma della Chiesa. Uomo modesto, sensibile, di profonda vita interiore e dotato del dono di stringere rapporti di amicizia con persone di ogni genere, attirando in tal modo molti giovani alla Compagnia, il beato Favre trascorse la sua breve esistenza in diversi Paesi europei, specialmente in Germania, dove per ordine di Paolo III prese parte, nelle diete di Worms, di Ratisbona e di Spira, ai colloqui con i capi della Riforma. Ebbe così modo di praticare in maniera eccezionale il voto di speciale obbedienza al Papa "circa le missioni", divenendo per tutti i gesuiti del futuro un modello da seguire.
Cari Padri e Fratelli della Compagnia, quest'oggi voi guardate con particolare devozione alla Beata Vergine Maria, ricordando che il 22 aprile del 1541 Ignazio e i suoi primi compagni emisero i voti solenni dinanzi all'immagine di Maria nella Basilica di San Paolo fuori le Mura. Continui Maria a vegliare sulla Compagnia di Gesù perché ogni suo membro porti nella sua persona l'"immagine" di Cristo Crocifisso per aver parte alla sua risurrezione. Assicuro per questo un ricordo nella preghiera, mentre a ciascuno di voi qui presente ed all'intera vostra famiglia spirituale imparto volentieri la mia benedizione, che estendo anche a tutte le altre persone religiose e consacrate che sono intervenute a questa Udienza.
DISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
AI PADRI E FRATELLI DELLA COMPAGNIA DI GESÙ
Sabato, 22 aprile 2006, Basilica Vaticana
AI PADRI E FRATELLI DELLA COMPAGNIA DI GESÙ
Sabato, 22 aprile 2006, Basilica Vaticana